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giovedì 26 settembre 2013

Arco di Trento

Dal 24 al 31 Agosto, la splendida cornice di Arco di Trento (TN) ha ospitato i maestri Andrea Re (Menkyo Okuden), Maurizio Germano (Menkyo Mokuroku) e Domenico Germano (Menkyo Mokuroku), insegnanti di Katori Shinto Ryu della linea Hatakeyama-ha, per uno stage multidisciplinare, in cui i partecipanti hanno praticato tre delle più antiche scuole di arti marziali tuttora esistenti: Katori Shinto Ryu, Hoki Ryu e Asayama Ichiden Ryu. 






mercoledì 25 settembre 2013

Stage di Katori a Torino

Domenica 13 Ottobre 2013 si terrà a Torino, presso la Palestra "Accademia Torino" uno stage di Katori Shinto Ryu Hatakeyama-ha tenuto dal Maestro Andrea Re. Orari 10.00-13.00 15.00-18.00. Quota di partecipazione €30, mezza giornata €25.


venerdì 20 settembre 2013

Ikkyo e i suoi fratelli


Sono steso a terra, faccia sul tatami, mentre tori finisce la tecnica. Ikkyo. Quante volte l'ho fatto? Quante volte ancora lo farò? Probabilmente ennemila. E ogni volta imparo qualcosa di nuovo. La tecnica è fondamentalmente sempre quella, non c'è dubbio, ma salta sempre fuori qualcosa di nuovo. Non importa quanto possa essere migliorato tecnicamente dall'ultima volta che l'ho fatto, ogni Ikkyo è diverso da tutti gli altri eseguiti prima. Perché fare bene Ikkyo non dipende solo da me, dipende dal tori/uke che mi sta di fronte, dalla sue capacità tecniche e fisiche che mettono sempre alla prova la mia capacità di adattarmi e mi consentono di imparare ogni volta qualcosa di diverso. Ikkyo è proprio una grande scuola. Ed è questo che mi piace dell'Aikido, il continuo dinamismo all'interno di un sistema altamente formalizzato e l'incessante miglioramento conseguito grazie al lavoro fatto insieme ai miei compagni. Perché praticando Aikido non si è mai da soli. 

martedì 17 settembre 2013

Senpai e Kōhai


Senpai, indica un compagno o collega più anziano o superiore di grado che merita considerazione e rispetto. Questa parola risulta intraducibile nella lingua Italiana. Il Senpai è “colui che viene prima di voi” è colui che è entrato prima di voi sulla via, nel dojo, ha iniziato la pratica prima di voi. Potrebbe in alcuni casi avere un grado (Kyu-Dan) inferiore al vostro. Nella tradizione marziale antica ci si disponeva in seiza (seduti a terra), in ordine di grado da destra a sinistra in fronte al Kamiza o Shomen. Non di rado allievi con grado più alto di alcuni Senpai si disponevano, in segno di rispetto, alla sinistra di questi. Inversamente al Senpai vi è il Kōhai, cioè un compagno o un collega più giovane ed inesperto. Il Senpai lo prende sotto la sua ala protettiva, lo istruisce sullʼetichetta e sui comportamenti da tenere e lo introduce alla pratica. Molte volte Senpai e Kōhai organizzano bevute o incontri extra dojo per affiatare il gruppo ed i rapporti trai componenti. Il sistema giapponese ha sfruttato le caratteristiche culturali a vantaggio dello sviluppo e dell'organizzazione. Secondo l'antropologa Nakane Chie si parla di struttura verticale, riferendosi al sistema gerarchico, che non è da intendere come la gerarchia occidentale, ma ad una strutturazione del gruppo che è l'unità principale della società giapponese: “Non bisogna confondere la gerarchia giapponese con quella occidentale, come se fossero equivalenti i rapporti di forza e le strutture sociali. Il fine ultimo della gerarchia giapponese è la costituzione del gruppo. Gruppo, che può essere di lavoro, di studio o familiare.” Perciò l'individuo giapponese tende nelle presentazioni a specificare l'azienda, l'istituto, la scuola o la famiglia, quindi il gruppo, a cui appartiene prima di ogni cosa, mentre l'occidentale dichiara immediatamente il proprio mestiere e qualifica. Il sistema di relazione giapponese continua a seguire la forma fissata dagli ideali di: gratitudine, lealtà, compassione, indulgenza e coinvolgimento.

venerdì 13 settembre 2013

Si fa presto a dire Zanshin...


Sembrerebbe la cosa più facile del mondo: tu se lì, sul tatami, fai la tua tecnica e poi aspetti. Ma non come se aspettassi l'autobus e pensassi a tutt'altro, che so, alla lista della spesa, a chiamare il commercialista o controllare facebook. No no, aspetti attivamente. Attento. Come un animale della savana, di quelli che si vedono nei documentari. Facile. A dirsi. A farsi è tutto un altro paio di maniche. Perché non capita mai, o quasi mai. E quando capita è per caso, o perché il Maestro ti costringe a farlo. Ma non viene naturale, per niente. Almeno alla maggior parte di noi. A me sicuramente no. Infatti me ne accorgo, ma sempre con un attimo di ritardo, quando il momento è passato e torno a ripetere la tecnica o quella successiva. Perché sono preso a ricordare i passi da fare, dove mettere i piedi, le mani, la sequenza dei kata e via discorrendo. E quindi perdo l'attimo. Lo Zanshin, l'attenzione. Quell'attenzione che è il fondamento dal quale partire per dare alla pratica un senso compiuto che non sia solo il ripetere più o meno bene una serie di tecniche. Allora niente scuse, l'unica cosa da fare è praticare lo Zanshin sempre, anche quando lavo i piatti. Sembra facile...

giovedì 12 settembre 2013

Zanshin

Zanshin si traduce in "ZAN"= mantenere, "SHIN"= spirito.
Letteralmente "mantenere lo spirito allʼerta". Il vero Zanshin nasce da una concentrazione di tutti i sensi rivolta ad un particolare momento o ad una determinata azione, fisica e/o mentale "qui ed ora", durante il quale il soggetto tiene sotto controllo con lo sguardo l'avversario e si tiene a dovuta distanza da esso.
✦ Il momento di massimo Zanshin si verifica al termine di un combattimento (kumi) o di un kata.
✦ Lo Zanshin delle Arti Marziali è strettamente legato al Mi Kamae (postura del corpo esterna) e Ki Kamae (postura psicologica interna).
✦ La perdita dello Zanshin equivale ad aprire una falla (KYO) nella propria difesa che potrebbe essere sfruttata dall'avversario per abbatterci.
✦ Lʼattenzione ed il controllo dello Zanshin possono essere espressi anche con le parole e le azioni che si compiono nella società civile. Un atteggiamento non offensivo verso il prossimo, che non crea animosità e rivalse è ricco dello Zanshin di cui sopra.

✦ Un famoso monaco diceva sempre durate la pratica dello Zazen: “Attenzione! Attenzione! Attenzione!”

domenica 8 settembre 2013

Primo stage dell'anno di Katori!

Domenica 22 Settembre si svolgerà, presso la Palestra La Comune, il primo stage di Katori tenuto dal Maestro Andrea Re. Orari 09.30-12.30 15.00-18.00. Quota di partecipazione €30, mezza giornata €25.


venerdì 6 settembre 2013

Omoiyari

Omoiyari: questo concetto si esprime marzialmente con il lavoro dellʼUke. Tra Tori e Uke, Kirikomi e Ukedachi oppure Shidachi e Uchidachi intercorre una relazione nella pratica tale per cui mentre una parte (Tori, Kirikomi e Shidachi) è dedita alla comprensione e allʼapprendimento, lʼaltra (Uke, Ukedachi, e Uchidachi) dà il senso dellʼazione accettando il lavoro che viene eseguito dal compagno. Quindi Omoiyari è rispetto, che diventa reciproco, nellʼesecuzione delle tecniche, senza volontà di prevaricare o fare violenza sullʼaltro.

Va altresì aggiunto, che solo questo atteggiamento permette a chi sta imparando di poter crescere senza inibizioni o paure. Il lavoro dellʼUke non deve essere oppositivo o in competizione, ma deve lasciare che Tori svolga al meglio il suo compito in tutta tranquillità.

Solo il Maestro può creare delle condizioni di nuove difficoltà, calibrate alla preparazione dellʼallievo che apprende e quindi anche potenzialmente superabili e comprensibili.


Un allievo, seppur bravo, che si pone e si atteggia come “maestrino in seconda” è e viene ritenuto un arrogante. Quindi, può essere causa di squilibri allʼinterno del gruppo di allievi, creando fazioni e correnti che si allontanano, portando sofferenza al Dojo. Questa situazione, facilmente riscontrabile nella nostra società, è il contrario di Omoiyari e cioè egoismo, arrivismo, egocentrismo.  

mercoledì 4 settembre 2013

Guardare la Montagna Lontana

Esiste una espressione in giapponese “Enzan no Metsuke” (Guardare la Montagna Lontana) che indica l'importanza durante un combattimento di avere una visione d'insieme e non di una singola parte dell' avversario. Ad esempio se si pratica Kenjutsu o Kendo non si dovrà fissare il Bokken o lo Shinai dell' avversario, se si pratica Aikido o Karate, non si dovrà concentrare lo sguardo (lʼintenzione) verso un unico punto, un braccio, una gamba, altrimenti si rimarrà prigionieri del punto osservato e facilmente colpiti. Si dovrà osservare invece l'avversario sfocandolo un poco, facendo sì che la vista periferica si metta in moto e faccia percepire i suoi spostamenti rapidi. In questo modo si potrà avere una visione d'insieme dellʼavversario e dellʼambiente circostante, muovendosi senza essere colti di sorpresa.

Questo concetto è stato adottato direttamente dalla pratica dello ZaZen (meditazione seduta). Il monaco, seduto in assoluta tranquillità, in perfetta calma, in asse con il corpo, respirando tranquillamente, in pace con se e lʼambiente circostante, posa lo sguardo su una parete (scuola Soto) o sul pavimento a circa 1,50 cm (scuola Rinzai), come “Enzan no Metsuke”...

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