Pubblichiamo il bellissimo articolo dell'amico Michelangelo Stillante sull'incontro riguardante la Spada Giapponese, tenuto a Milano il 3 ottobre presso il Museo dell'arte e della Scienza di Milano.
Buona Lettura.
Scritto da Michelangelo Stillante
Si
è svolto il giorno 3 Ottobre presso il Museo
dell’Arte e della Scienza di Milano,
il primo di sette incontri dedicati alla katana
e
al kris,
rispettivamente la più famosa “spada ” del mondo - di origine
giapponese - e il coltello di mille favole orientali, tipico
dell'arcipelago indonesiano e dichiarato patrimonio mondiale
dell’umanità dall’UNESCO
nel
2005.
All’interno
di una sala sotterranea, con poca luce di penombra, che la faceva
sembrava piuttosto una cantina vinicola, non per la presenza di
oggetti relativi al vino ma per la struttura che la caratterizzava,
Luca Piatti ha inaugurato questo ciclo di mini-conferenze con
la sua esposizione:“Tachi e katana: le spade maneggiate dai
samurai ”.
L’incontro
è durato circa due ore ed era articolato su sei punti:
Definizione di tachi e katana
Katana come elemento centrale della vita dei samurai
La katana come forma artistica
La tecnica della forgiatura
Classificazione in base alla lunghezza
La
nuova spada, la nuova tipologia chiamata katana,
iniziò a manifestarsi intorno al 1480,
nel periodo Muromachi,
quando
ancora questo periodo di produzione viene classificato come Koto
o
vecchia
spada.
Tale periodo viene stimato durare fino al 1600,
quando nella storia del nihonto
iniziò
il periodo Shinto
o
della nuova
spada e
storicamente parlando iniziò il periodo Edo,
dal nome della nuova capitale ove la dinastia Tokugawa
stabilì
la sua sede. Inizia allora un lungo periodo di pace, che comporta
profondi cambiamenti anche nell'armamento del samurai.
Sostanzialmente possiamo dire che le differenze tra il pre e post Edo
sono
da ricercare soprattutto nell'adozione del wakizashi
(la
spada più corta portata dai samurai insieme alla katana)
al posto del tanto
(pugnale)
e dall'adozione di una spada meno lunga e dalla curvatura (sori)
meno pronunciata.
Quindi
dall'inizio del periodo Tokugawa
(1603)
fino al XIX secolo inoltrato (1868, inizio del periodo Meiji)
la combinazione daisho,
formata dalla katana
(dai
to,
spada lunga) e del wakizashi
(sho
to,
spada corta), fu oggetto di attenzione perfezionista sia
utilitaristica che ornamentale, armando la mano di innumerevoli
samurai
-
famosi e non - che si potessero permettere i servizi di un armaiolo
stimato o di “periferia”. Nell'ultimo quarto del XIX secolo il
daisho
venne
proibito per legge (con l'emanazione dell'haito
rei,
1876) e per non perdere la tradizione l’arte della spada giapponese
divenne più ornamentale, senza scopi bellicosi, pur non perdendo la
sua potenziale efficacia.

La
principale differenza tra la katana
e
il tachi
consiste
in due elementi, l’uno strutturale l’altro ornamentale.
Strutturalmente parlando la katana
ha
la curvatura della lama più verso il centro della stessa (torii
zori),
il tachi
più
verso il collo, l’impugnatura (koshi
zori). La
differenza ornamentale è che la katana
viene
portata con il filo della lama verso l’alto ed infilata alla
cintola degli abiti civili, il tachi
viene
portato appeso in orizzontale al fianco dell'armatura e con il taglio
verso il basso. Inoltre la katana
era
usata per i combattimento tra due “appiedati”, mentre il tachi
nei
combattimenti a cavallo o dal cavallo contro la fanteria ed è per
questa ragione normalmente più lungo (si considera misura normale
per un
tachi
una
lunghezza di lama (nagasa)
superiore
a 75 cm.
Per
valutare la bellezza di una katana,
una
delle caratteristiche che viene maggiormente presa in considerazione
è la sua punta okissaki
(vedi
la terminologia
della lama su
questo sito). Pur non avendo mai incontrato Fidia, Fibonacci o
Pacioli, gli armaioli giapponesi arrivano a stabilire delle
proporzioni tra le parti della punta di una katana,
o tra la punta e la lunghezza delle katana
stessa,
che sono quelle della sezione aurea, stabilendo così una proporzione
di bellezza ed efficacia che dura da secoli. Si passa poi alla linea
di tempra o hamon,
cioè quella parte tagliente della lama dove si possono vedere
complessi disegni, accuratamente classificati dagli esperti e che
forniscono importanti informazioni per l'identificazione dell'epoca
(jidai),
della
scuola (den)
e del maestro spadaio (kaji).
Anche
in questo caso compare l’eterno simbolo del Giappone,
il monte Fuji o Fuji-san,
tipico della scuola Hosokawa.
Nella immagine a lato vediamo infatti l'oshigata
di
una lama di Hosokawa
Masayoshi,
in cui il disegno dell'hamon,
in direzione del kissaki,
richiama effettivamente il profilo del monte Fuji.
Nella fabbricazione delle lame gli spadai si confrontavano anche con
le fasi
lunari,
perché ritenevano che potessero influire e infondere nella katana
uno
spirito diverso a seconda della fase in cui si cominciava. Non solo,
ma questo poteva incidere anche nella scelta della spada da parte di
un samurai.
Una leggenda narra di una sfida tra due armaioli, Muramasa
e
Masamune
nella
costruzione di una katana.
Immerse nell’acqua di un torrente per valutare chi riusciva a
tagliare cosa e pur essendo molto taglienti entrambe, la lama del
primo tagliava qualunque cosa l’attraversasse mentre la lama del
secondo non tagliava nulla, le foglie trascinate dalla corrente
sembrava evitassero di proposito il taglio della lama. Nella
valutazione la seconda venne preferita con la seguente
giustificazione : “La
prima spada è senza dubbio una spada tagliente, ma è portatrice di
sangue, una spada malvagia che non fa differenza fra ciò che taglia.
Può essere buona per tagliare farfalle così come teste. La seconda
è notevolmente più tagliente delle due, e non taglia senza motivo
ciò che è innocente".
(da wikipedia)
Le
caratteristiche
che
contraddistinguono una lama vanno ricercate nella sua rigidità,
infrangibilità e
capacità
di taglio.
Oltre che la lavorazione e alla scelta del “tempo“ (la lama si
forgiava nel mese più freddo o nel più caldo) anche il materiale è
importante, sia in qualità che in quantità. Da circa tre
tonnellate di
materiale di ferro acciaioso con varie percentuali di carbonio, si
arriva, dopo un periodo di miscelatura, fusione e raffreddamento
della durata di 72
ore nel
forno tradizionale tatara
a
circa una
tonnellata di
materiale su cui lavorare e forgiare la lama. Scelta di tempo,
esecuzione della tempra, temperatura dell’acqua, del fuoco e colore
della lama incandescente: questi sono gli ingredienti da misurare per
la riuscita di una lama, ma gli ultimi tre sono quelli segreti che un
mastro
spadaio non
rivelerebbe mai.
Analizzata
in sezione la lama di una katana
del
tipo sanmae
ossia
composta mediante l'unione di tre diverse barre presenta al centro
una parte di acciaio morbido, detto shingane,
che fornisce alla lama flessibilità e infrangibilità. Questo
nocciolo morbido è avvolto da un involucro esterno di acciaio più
duro, detto hagane,
che rende la lama tagliente e rigida. È presente in varie
percentuali e in varie parti della lama, normalmente sui lati, anche
una parte di kawagane,
o acciaio morbido. La miscela e suddivisione nelle differenti parti
della lama di queste tre componenti rende la lama personalizzata, a
seconda del materiale utilizzato e delle tecniche costruttive
adottate nella scuola, nella località di produzione o dal mastro
spadaio che la forgerà.
Questa
struttura viene raggiunta con la lavorazione della lama in fase di
forgiatura,
quando l’acciaio
viene
lavorato, battuto, tagliato e ripiegato fino a 20
volte per
raggiungere lo stato desiderato, creando anche centinaia di migliaia
di strati di damascatura talmente fine che è difficile apprezzarla
ma che costituisce comunque un'altra delle firme del
kaji
sulla
lama.
Caratteristiche
della lama
e
capacità di taglio sono quindi le caratteristiche fondamentali per
la valutazione di una katana.
Anche la lunghezza della lama (nagasa)
viene quindi analizzata e non è una misura a piacimento ma deve
rispettare determinati standard. L’unità di misura adottata è lo
shaku
(piede,
circa 30cm). Il tachi
è
lungo normalmente più di 2,5 shaku,
la katana
più
di 2, la lama del wakizashi
misura
tra 1 e 2 shaku,
quella del tanto
meno
di 1 shaku.
Nel valutare
il taglio, caratteristica ricercata poiché la katana
era essenzialmente un'arma (ed era usata!) la lama veniva
provata sui cadaveri o sui prigionieri condannati a morte, misurando
sul metro della sezione anatomica più ampia che era possibile
tagliare la maggiore o minore efficacia del filo della lama.
L'efficacia
della lama naturalmente dipendeva anche dalla manutenzione, che
veniva curata non solamente dopo ogni duello od operazione di taglio,
pulendola per rimuovere qualunque cosa potesse ossidarla e far
perdere la qualità di taglio.
Quando
ne fu proibito il porto per legge la katana
sopravvisse
come oggetto d’arte e di collezionismo e quindi si diede più
risalto all’esteriorità
della
spada, cosa che prima di allora non era presa in grande
considerazione dalla maggioranza dei samurai.
Al
termine di questa esposizione, durata circa una ora e mezza, il
relatore ha risposto alle domande dei presenti, seppur già lo avesse
fatto in precedenza.
Ed
è qui che ho apprezzato la preparazione di Luca Piatti e il
guadagno in termini di comprensibilità, passionalità e capacità di
appassionare sull’argomento che ha saputo apportare. Fino a questo
punto aveva seguito la traccia dello schema che si era preparato, ma
quando ha iniziato ad andare a braccio e misurarsi con l’interesse
degli ascoltatori è emersa la preparazione e la grande passione
dell’uomo.
Consiglio
vivamente di partecipare a questo ciclo di mini conferenze. La prima
è stata perduta, ma non del tutto: oltre questo impreciso e risicato
resoconto, l’intervento di Piatti sarà pubblicato su Pagine
Zen.
Buona
katana a tutti!
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