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Dojo

Dojo significa "Luogo del risveglio", o "Luogo dove si pratica la via".
Entrando nel Dojo ci si dovrebbe predisporre ad abbandonare se stessi, le proprie preoccupazioni ed i propri desideri buoni o cattivi che siano, le passioni, le tensioni e gli attaccamenti (anche alle proprie idee). Tutto ciò per poter praticare con spirito "Mushotoku" (senza idea di profitto per se e /o per uno scopo).
Quando si entra e si esce dal Dojo è bene inchinarsi all'altare (Kamiza), che rappresenta lo spirito storico e culturale (Maestro o entità protettrice dell'Arte/i praticate).

Armonia nel Dojo
Il rispetto verso il proprio Maestro (Sensei) e gli allievi più anziani (Senpai), la pratica concentrata senza troppe parole, l'accettazione dei consigli di chi conduce la lezione, non insegnare quando il Maestro è presente, presentarsi sempre con il gi pulito ("lavato" se non dopo ogni lezione almeno ogni due), con le unghie corte e curato nella propria pulizia personale, sono i principi fondamentali per raggiungere una buona armonia nel Dojo.

Nello spogliatoio
È consigliabile mantenere un tono di voce moderato e prepararsi alla concentrazione del lavoro che si andrà a fare. Non ultimo il rispetto per quelle persone che stanno praticando prima di noi (fuori si sente tutto!).
Si cercherà di cambiarsi rapidamente, di non occupare troppi appendiabiti (è consigliabile uno) e di lasciare la propria borsa sotto o sopra i propri indumenti. È ASSOLUTAMENTE gradito che TUTTI si lavino i piedi prima di salire sul tatami e che curino la lunghezza delle proprie unghie dei piedi e delle mani, in quanto possono ferire un contatto non previsto o una presa.

L'allenamento nel Dojo
La lezione incomincia con il saluto "Onegaishimasu", e termina con "Arigato Gozaimashita". Ogni volta che si invita un compagno ci si dovrebbe rivolgere con "Onegaeshimasu" e quindi incominciare.
La pratica concentrata espande la capacità di controllo su di sé e gli altri, nello stesso modo l'attenzione allo spazio di pratica utilizzato, ci permette di non creare danni agli altri ed a se stessi. Il silenzio ci permette di mantenere questa concentrazione alla pratica a lungo.
Quando viene mostrata una tecnica, gli allievi più giovani dovrebbero (se non ci sono particolari indicazioni da chi conduce) invitare velocemente e senza perdere tempo gli allievi più anziani.
L'allievo più anziano comincia a fare per primo la tecnica, così il Kohai può osservare come fare meglio, quando i ruoli si invertiranno.
Le proprie armi non dovranno essere abbandonate, dovrebbero avere un segno di riconoscimento sul fondo dell'impugnatura ed essere trattate con rispetto (possibilmente non maniacale).
Perdere la propria arma o prendere quella di un altro e un fatto grave non per la sostituzione in se o la perdita, ma proprio per un fatto di attenzione verso ciò che ci succede attorno e di rispetto degli altri e di sé.

L'atteggiamento del praticante
L'atteggiamento del praticante serio e sincero dovrebbe essere libero da giudizi, sforzarsi di fare quello che gli viene consigliato (anche se non ne capisce il senso, poi comunque viene spiegato), sforzarsi di non "fare" quello che gli viene così in modo spontaneo ma di "studiarlo", di non replicare quando chi conduce la lezione fa correzioni o da consigli, praticare senza interruzione. A volte per fare un salto di qualità bisogna diventare un po' egoisti e lavorare su sé stessi, uscire da quelle dinamiche che ci portano a dare consigli ed a insegnare o non fare lavorare l'altro. Questo non fare lavorare l'altro (bloccarlo o controllarlo di continuo), ci mette in una condizione competitiva con lui, per cui non facciamo che occuparci di lui (nel bene e nel male) e non occuparci di noi e della nostra crescita. Se ci si deve assentare dal tatami per un qualsiasi motivo si chiede il permesso di chi sta facendo lezione, se si arriva in ritardo si aspetta a salire sul tatami fino a che non arriva dal Maestro o da chi conduce la lezione, l'invito a farlo. Controllare periodicamente le proprie armi Tanto, Bokken, Jo che siano in ordine che non abbiano schegge e non siano rotte. Qualora non si potessero più sistemare andranno sostituite, per la propria e l'altrui sicurezza. Quando in situazioni particolari non si sa cosa fare, osservare i propri Senpai ed imitarli.
Anche l'abbigliamento va controllato, un foro o taglio nell'abito da allenamento può essere fonte per un danno a se e ad altri, quindi ripararlo oppure sostituire la tenuta con una a posto

Occasionalmente il proprio insegnante o maestro organizza o tiene Stage. A questi, sarebbe bene partecipare; anche per mettere in moto il famoso "Spirito di gruppo" di cui tanto si parla. Gli Stage vengono organizzati anche come momento di una pratica altra, dove cambia anche il tempo, lo spazio, le persone ecc. Non di rado durante gli stage c'è l'occasione di praticare cose che normalmente non vengono praticate nel proprio Dojo, per diversi motivi, non ultimo il tempo che non basta mai...Anche all'interno del proprio gruppo associativo di riferimento, sono in calendario delle manifestazioni, con degli insegnanti di alto o altissimo livello. Partecipare a questi seminari, allarga di molto la visuale marziale ed in più si ha l'occasione di vedere all'opera una persona che ha votato la propria vita alla diffusione e all'approfondimento della materia trattata. 
Onorare il compenso chiesto dal Dojo (mensili, trimestrali, annuali, lezioni, lezioni private), è precisa cura del praticante rispettoso del proprio Maestro e dei suoi compagni. Il Dojo non è un supermercato o un negozio dove si va, si sceglie una merce e POI si paga, magari a rate. È un luogo dove tradizionalmente per avere un insegnamento si offriva un compenso e quindi si otteneva dal Maestro ciò che Lui riteneva opportuno.Senza arrivare a ciò, bisognerebbe comunque dare prima di ricevere, perché in un Dojo non si compra nulla.

Cene di Gruppo
A volte e per occasioni particolari, ci si ritrova per condividere una cena in armonia e poter essere un po' più liberi anche nelle proprie espressioni. In occasione di questi ritrovi è piacevole incontrarsi per creare anche una conoscenza diversa tra Kohai, Senpai e naturalmente l'insegnante. Tutto ciò fa gruppo e unisce maggiormente le persone (tant'è vero che nell'Aikido si parla sempre di "unione"), ed è forse questo quello che alla fine si cerca.