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venerdì 13 settembre 2013

Si fa presto a dire Zanshin...


Sembrerebbe la cosa più facile del mondo: tu se lì, sul tatami, fai la tua tecnica e poi aspetti. Ma non come se aspettassi l'autobus e pensassi a tutt'altro, che so, alla lista della spesa, a chiamare il commercialista o controllare facebook. No no, aspetti attivamente. Attento. Come un animale della savana, di quelli che si vedono nei documentari. Facile. A dirsi. A farsi è tutto un altro paio di maniche. Perché non capita mai, o quasi mai. E quando capita è per caso, o perché il Maestro ti costringe a farlo. Ma non viene naturale, per niente. Almeno alla maggior parte di noi. A me sicuramente no. Infatti me ne accorgo, ma sempre con un attimo di ritardo, quando il momento è passato e torno a ripetere la tecnica o quella successiva. Perché sono preso a ricordare i passi da fare, dove mettere i piedi, le mani, la sequenza dei kata e via discorrendo. E quindi perdo l'attimo. Lo Zanshin, l'attenzione. Quell'attenzione che è il fondamento dal quale partire per dare alla pratica un senso compiuto che non sia solo il ripetere più o meno bene una serie di tecniche. Allora niente scuse, l'unica cosa da fare è praticare lo Zanshin sempre, anche quando lavo i piatti. Sembra facile...

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